I nostri tecnici protagonisti di un importante ricerca scientifica sulla Chetosi subclinica

Chetosi_Leocata Mangimi

Negli ultimi decenni, la selezione genetica, le tecniche alimentari oltre ai nuovi standard di benessere animale hanno avuto un impatto positivo sia sulla produzione e qualità del latte sia sulle patologie tipiche del post-parto. Durante il periodo di transizione, che va da tre settimane prima a tre settimane dopo il parto, le vacche da latte incorrono in una delle fasi più critiche della loro vita produttiva in quanto il significativo e rapido aumento della produzione di latte con un aumento relativamente lento dell’assunzione di sostanza secca (DMI), può portare all’instaurarsi di un forte squilibrio energetico negativo. La conseguenza più comune è la lipomobilizzazione con rilascio di acidi grassi non esterificati (NEFA) nel plasma che in condizioni metaboliche sfavorevoli portano il fegato a produrre corpi chetonici, in particolare di β-idrossibutirrato (BHB) che superati i limiti fisiologici, porta a chetosi o acetonemia. Questa patologia è considerata un gateway per altri disturbi metabolici e infettivi come metrite, mastite, chetosi clinica, ipocalcemia e dislocazione dell’ abomaso. I segni clinici di chetosi sono legati a una mancanza di energia che si trasforma in una riduzione della produzione e della fertilità con conseguenti perdite economiche significative per gli allevatori. La chetosi subclinica (SCK) è definita come una fase preclinica della chetosi caratterizzata da un livello di corpi chetonici elevato ma senza segni clinici. Il suo monitoraggio post partum è essenziale per ridurre il rischio di chetosi clinica. Le strategie alimentari, che favoriscono un aumento dell’assunzione di sostanza secca e garantiscono un adeguato tempo di ruminazione, rappresentano una possibile soluzione per regolare questo dismetabolismo. Inoltre può aiutare a prevenire la chetosi clinica e subclinica la corretta gestione dei gruppi, garantendo il libero accesso alle aree di riposo e alimentazione oltre a prestare grande attenzione a ventilazione e raffrescamento. Il tema è stato trattato anche sull’importante rivista “Frontiers” che ha pubblicato uno studio portato avanti dai nostri tecnici, Dr. Mario Dipasquale e Dr.ssa Simona Amore, dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Sicilia, dal Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Catania e dal Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche dell’Università degli Studi di Milano.

Chetosi_Leocata Mangimi

Questo studio ha avuto carattere trasversale volto a stimare la prevalenza di SCK mediante l’analisi dei valori di BHB nei campioni di latte per la diagnosi di SCK e per valutare l’influenza di questi ultimi sui valori di produzione. Il progetto è stato condotto nel sud-est della Sicilia su 22 mandrie di vacche da latte, da febbraio 2019 a maggio 2020. Un totale di 3.989 campioni di latte, da 1.588 vacche, sono stati raccolti dopo il parto, al fine di stabilire la prevalenza di vacche SCK positive nella mandria e quindi valutare i relativi fattori di rischio. In osservazione vi sono state cinque diverse razze: Holstein Friesian, Brown Swiss ,Jersey, Simmental e incroci. I campioni sono stati raccolti individualmente in una provetta, conservati a 4°C e analizzati entro 24 ore attraverso il Milkoscan 7 combinato con un Fossomatic FC per l’analisi SCC nel laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia. Questi strumenti utilizzano un sistema a infrarossi basato sulla tecnologia FTIR (Fourier Transform Infrared Spectroscopy) che applicato sui campioni di latte permette di calcolare: grasso, proteine, lattosio, caseina, urea, conta delle cellule somatiche, BHB e acetone. I campioni sono stati raccolti tra il giorno 1 e il giorno 21 dal parto, il campionamento è continuato per tutti gli animali fino a che non rientravano nel valore soglia fissata a 0,10 mmol/L nel latte. I valori superiori o uguali alla soglia sono stati definiti come BHB-positivi e gli animali conseguentemente trattati con 300 ml di glicole propilenico al giorno fino all’abbassamento del valore soglia. Complessivamente, 1.100 vacche (27,6%) sono state trattate durante il periodo di follow-up dello studio.

L’analisi statistica ha suggerito che la prevalenza di vacche curate era significativamente più alta quando venivano trattate nel primo periodo di lattazione (1–9 DIM) e inferiore quando venivano trattate dopo 21 DIM, come mostrato nel grafico (Tab.1). Le vacche curate presentavano un miglioramento significativo su tutte le componenti del latte come maggior percentuale di proteine, lattosio e caseina rispetto a quelle non curate. Inoltre il valore SCC era significativamente più basso nelle vacche curate rispetto alle vacche non curate. I risultati hanno mostrato una prevalenza del 41,5% di vacche SCK-positive durante i primi 9 giorni di lattazione. Il confronto tra il tasso di guarigione delle vacche trattate mostra che il trattamento è stato più efficace nei primi sette giorni di lattazione rispetto ai giorni successivi influenzando positivamente i parametri di qualità del latte fatta eccezione per la percentuale di grasso. Inoltre, gli animali trattati hanno mostrato anche un aumento della produzione di latte, favorendo la sostenibilità economica del trattamento. Questi risultati suggeriscono e incoraggiano l’uso di campioni di latte individuali per la diagnosi precoce di SCK. Ciò risulta sostenibile perché il costo della diagnosi attraverso l’analisi del latte può essere coperto dalla perdita di reddito causata dalla riduzione della produzione di latte dovuta a SCK. Le perdite economiche legate a questa malattia, infatti, sono maggiori rispetto al basso costo delle analisi per diagnosticarla. Il metodo di campionamento inoltre risulta facile e accurato per quanto riguarda le analisi del latte. Grazie a questo studio, per la prima volta, si è potuta misurare la prevalenza di SCK negli allevamenti da latte siciliani e confermare che una diagnosi precoce di chetosi subclinica, seguita da un trattamento con glicole propilenico, potrebbe diminuire gli effetti di questa malattia sulla produzione totale di latte migliorandone resa e qualità. Il tema è stato ampiamente trattato in un convegno organizzato dalla Leocata Mangimi, in collaborazione con Elanco, a cui hanno partecipato i nostri clienti aderenti al progetto e dove sono stati mostrati e argomentati i dati risultati dai vari campionamenti effettuati nelle loro aziende. Nei giorni precedenti il convegno tutti i tecnici hanno colto l’ occasione per visitare qualche stalla. Entrare a far parte di progetti di questo calibro e affrontare argomenti di una certa importanza con la partecipazione dei nostri clienti rappresenta per noi un enorme soddisfazione. Tutto ciò è possibile dalla costanza e dall’impegno messo sul lavoro dai nostri tecnici, un ringraziamento speciale va a loro.

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